intervista di Cristina Bicciocchi - foto Simona Bertogliatti
Maria Silvia Sacchi - Giornalista e imprenditrice. È diventata giornalista all’Istituto per la formazione al Giornalismo di Milano. Ha lavorato al Corriere della Sera dal 1999 al maggio 2022 nella sezione L’Economia, dopo diverse esperienze in altre testate. Da anni si occupa di imprese familiari, di industria (in particolare moda e lusso), di governance e leadership. Ha scritto di tutte le più importanti famiglie imprenditoriali italiane e di molte di quelle estere.
È stata tra le fondatrici del blog La27ora e parte del gruppo fondatore de il Tempo delle Donne del Corriere della Sera, direttrice scientifica del Master in Management della Moda e del Lusso di Rcs Academy. Autrice di libri divulgativi e scientifici, principalmente nell’ambito del diritto di famiglia e della leadership femminile. Opinionista e Ted speaker, è stata impegnata a lungo nelle associazioni di categoria dei giornalisti.
Ha portato l’esperienza di decenni di lavoro nella sua attuale attività di imprenditrice.
Ha fondato e dirige ThePlatform, testata giornalistica on line sulla moda con la quale organizza anche progetti nelle Ambasciate; e Family Business Forum, un vero e proprio laboratorio sulle imprese familiari al quale hanno partecipato tutti i più importanti imprenditori e imprenditrici del nostro Paese.
Buongiorno dr.ssa Sacchi ci racconti brevemente quali sono le tappe della sua carriera professionale più importanti che l’hanno vista sempre protagonista nell’ambito del giornalismo?
“Ho deciso di fare la giornalista quando ero ancora all’inizio del liceo. Erano anni di forte interesse per il sociale e vedevo nel giornalismo la strada per poter essere parte di un cambiamento. L’economia non era nel mio orizzonte, la trovavo una materia distante e fredda: ho poi scoperto che è esattamente il contrario e che è attraverso l’economia che passano decisioni fondamentali. Dato che nella mia famiglia non ci sono giornalisti, sapevo che poteva non essere facile riuscire nel mio intento, così mi sono iscritta a giurisprudenza: pensavo che mi avrebbe fornito una conoscenza utile al lavoro di giornalista, se lo fossi diventata; e che sarebbe stato anche un buon “paracadute” in caso contrario, permettendomi comunque di intervenire nella società.
Sono stata fortunata perchè era il periodo delle tv e radio private e ho potuto sperimentarmi con grande libertà.
Ho superato le selezioni dell’Istituto per la Formazione al giornalismo, che allora era l’unica scuola di giornalismo in Italia, e da lì ho iniziato a lavorare smettendo l’università. Ho fatto radio, tv, periodici, quotidiani, giornali di settore. Ho lavorato tantissimo e con grande passione sempre, qualunque fosse la testata: che fosse blasonata o un giornale tecnico non è mai stato diverso per me, chi legge merita sempre rispetto.
Al Corriere sono stata una prima volta nella redazione di Roma, poi sono entrata a Milano nel 1999 con un distacco di due anni a Londra. Sono stati anni di forte trasformazione dell’editoria: ho sostenuto a Roma l’esame di Stato usando la macchina da scrivere, mentre oggi scrivo, inserisco in pagina pezzi e foto, faccio e taglio video tutto solo col cellulare.”
Progetti futuri?
“Tanti. Penso costantemente a cosa farò domani, anche se non sono più giovane. In questo momento sono impegnata nell’internazionalizzare Family Business Forum, abbiamo un format unico e stiamo dialogando con diversi Paesi per realizzarlo fuori dall’Italia. Abbiamo appena varato una nuova collana di libri Egea/Family Business Forum, adesso dobbiamo dar corso al progetto.
Con ThePlatform cerchiamo di portare un punto di vista italiano in un settore importantissimo per la nostra economia, non solo perchè la moda è la seconda industria manifatturiera del Paese ma per il contributo che dà alla bilancia commerciale, oltre che alla cultura e all’immagine. È una industria complessa, molto dipendente dalle dinamiche geopolitiche. Abbiamo realizzato “Italian Threads: conversations on fashion”, insieme all’Ambasciata d’Italia a Londra, per presentare l’intera filiera e il grande lavoro che c’è dietro ai prodotti che troviamo nei negozi, dietro ai brand. L’anno scorso hanno partecipato imprenditori come Renzo Rosso e Alfonso Dolce, quest’anno abbiamo iniziato a febbraio il secondo ciclo con Carlo Capasa e Antonio De Matteis e proseguiremo nei prossimi mesi. Nel mentre, stiamo organizzando questi eventi anche in altre aree del mondo. Come ha detto l’ambasciatore a Londra, Inigo Lambertini, abbiamo anticipato le linee strategiche della Farnesina, che ha da poco istituito le Giornate della moda nel mondo. Lavoro - credo - molto più di prima, che già non era poco, ma lo faccio con felicità e spero di riuscire a passare tutto quello che ho imparato a nuove generazioni di giornalisti. Il nostro è un lavoro fondamentale e bellissimo anche se oggi poco considerato”.
Abbiamo detto che lei è stata anche tra le fondatrice del blog La27ora e parte del gruppo de Il Tempo delle Donne, la festa-festival del Corriere della Sera. Come riassume queste esperienze?
“Molto importanti. Per me personalmente, e per il dibattito sulle pari opportunità che ha generato in Italia. La27ora è stata uno dei primissimi esempi di blog multi-autore e con un filo direttissimo con i lettori. Ricordo che una volta ho pubblicato un articolo che era mezzanotte passata e dopo due minuti c’era già un commento. I primi anni della 27ora sono stati di vera speranza per noi. Occupandomi di economia, ho sempre scritto di quote di genere (ricordo che il Corriere è stato l’unico giornale ad appoggiare esplicitamente la legge prima che fosse approvata), ho fatto inchieste sulle composizioni dei Cda, preso posizioni e fatto emergere il maggior numero possibile di professioniste”.
In che modo?
“Quando si devono rinnovare i vertici delle aziende che fanno capo allo Stato si sviluppa sempre un “toto-nomine”. Un giorno, era più o meno il 2006-2007, ho detto ad alta voce “sempre nomi di uomini!” Il mio capo di allora ha chiesto che trovassi io nomi femminili. Abbiamo creato un gruppo di lavoro per individuare professioniste che avessero le stesse competenze che venivano richieste dai Cda agli uomini. Ricordo che esaminammo più di mille curricula per scrivere una sola inchiesta. Quello è stato solo il primo passo. Ed è qualcosa che ho portato nelle mie nuove attività: a Family Business Forum, per esempio, c’è una molto buona rappresentazione del pensiero femminile, e mai di facciata. Per noi la qualità dei contenuti è fondamentale e se si segue il percorso del contenuto - al posto di quello delle mere cariche - non è difficile trovare le persone giuste. Anche se sarebbe ora di avere ben più del 3% di ceo nelle società quotate che ancora abbiamo!”
Il 2025 è partito con una economia un po’ in salita. Su quali settori puntare?
“Sono usciti da poco i dati sulla produzione industriale del 2024 che parlano di un calo del 3,5%, con un crollo in dicembre. Soffrono settori importanti come l’auto e la moda, mentre l’alimentare è cresciuto nei 12 mesi.
D’altra parte, stiamo vivendo tempi di guerra seguiti a una pandemia mondiale - sembra passato un secolo ma il Paziente 1 del Covid è del febbraio di cinque anni fa. C’è un Paese per noi importante come la Germania che è entrato in crisi, c’è il tema dei dazi introdotto dalla nuova presidenza americana… Insomma, non è facile. Ma l’Italia ha davvero dei grandi imprenditori, bravi anche per il solo fatto di resistere con una burocrazia asfissiante e norme che cambiano di continuo. Più che i settori competitivi direi che oggi bisogna stare attenti a che non lascino: molti vanno all’estero, altri chiudono, siamo in una fase di passaggio generazionale nell’industria manifatturiera e tra figli che non seguono le orme dei genitori (peraltro i figli e le figlie sono sempre meno) e giovani che vanno all’estero il rischio è di perdere pezzi vitali impossibili da ricostruire”.
Parlando di imprese familiari, cosa è emerso nell’ultima edizione di Family Business Forum e quali sono le priorità per il 2025 per ricollocare l’italia tra i Paesi economicamente trainanti?
“Dal Forum del 2024 che abbiamo tenuto a Lecco (nel 2025 saremo invece ad Arezzo) è emerso sempre più il ruolo fondamentale che le imprese familiari hanno sulla collettività. Se torniamo al periodo del Covid, non possiamo non ricordare come gli imprenditori siano stati personalmente in prima linea con donazioni pubbliche e interventi a tutela dell’occupazione pur con le produzioni ferme. Cosa che fanno anche oggi. Nelle ultime due edizioni del Forum abbiamo lavorato molto sulle Fondazioni di famiglia, confrontandole con le Fondazioni non di famiglia. Da uno studio fatto dall’Osservatorio Aub dell’Università Bocconi per il nostro Forum si è visto che ci sono settori che aiutano l’aggregazione e la salute dei giovani, come lo sport, nei quali investono solo le Fondazioni di famiglia. E poi l’educazione, la cultura, il territorio”.
Chi l’ha finanziata nella sua attività imprenditoriale?
“Nessuno, ho investito denaro mio. L’ho fatto di proposito, sentivo il bisogno di costruire il mio progetto in libertà. Oggi ha buone gambe. Vedremo”.
Si parla tanto del Made in Italy e dell’importanza di tutelare le eccellenze che solo noi riusciamo a produrre; secondo lei in questi anni si è fatto a sufficenza per salvaguardare questo brand unico al mondo?
“No. Una miopia che non comprendo se non con il fatto che, a parte i grandi brand, il resto del tessuto imprenditoriale è fatto da piccole e piccolissime imprese che faticano a farsi sentire. Vale per la moda, come per il design, l’alimentare. Se prendiamo la sola moda, in Paesi come la Francia è direttamente il presidente francese a ricevere a cena gli imprenditori del settore così come nel Regno Unito si è vista la stessa regina Elisabetta alle sfilate.
Questo in Italia finora non è avvenuto. Vediamo come si svilupperanno le Giornate della moda, è un test importante”.
Qual è il Gruppo o l’imprenditore/trice che potremmo citare senza ombra di smentita, come emblema del lusso e del Made in Italy?
“A dispetto di tutto resta Giorgio Armani, lo si è visto una volta di più quando ha compiuto 90 anni. Il futuro del suo gruppo dopo di lui sarà un test dirimente per la moda italiana”.
Bene lo terremo presente augurandoci che la nostra economia possa tornare ad essere competitiva... intanto grazie per il tempo che ci ha dedicato e ad maiora.