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Paola di Nicola (PPD ‘14)
Silvia Nicolis

Nata ad Offida (AP), Paola Di Nicola ha vissuto, da adolescente, l’esperienza drammatica del terrorismo poiché suo padre era magistrato a Roma, sotto scorta, e titolare delle più delicate inchieste sul terrorismo rosso e nero. È entrata in magistratura nel 1994.

Per cinque anni è stata pretore a Sant’Angelo dei Lombardi, in alta Irpinia, dove si è occupata di diritto penale, civile, del lavoro. Negli anni 2009-2010 ha chiesto di essere trasferita dal tribunale di Latina al tribunale di Napoli per trattare il tema dell’emergenza rifiuti in Campania: ha presieduto il Collegio speciale appositamente istituito.

Dal 2010 lavora al tribunale penale di Roma ed è giudice per le indagini preliminari.

Autorevoli riviste hanno pubblicato i suoi provvedimenti in materia d’immigrazione, tutela ambientale, evasione fiscale, maltrattamenti in famiglia, reati contro le donne.

Ha pubblicato il libro “La Giudice. Una donna in magistratura” in cui affronta il delicato tema della questione di genere in questo settore ed ha tenuto incontri in Italia e all’ estero sul tema. Nel dicembre 2013 è stata nominata Wo-men Inspiring Europe 2014 dall’Agenzia dell’Unione Europea EIGE per il ruolo avuto “nella costruzione di una società libera dagli stereotipi di genere”.

 

Dr.ssa Di Nicola quanto è stata influenzata nella sua scelta di vita e di professione dall’esperienza vissuta in famiglia?

Mio padre è stato un magistrato molto noto per avere svolto indagini sul terrorismo e ha dedicato la sua vita solo al suo lavoro. Per questo è stato un modello di impegno civile, morale e professionale. Grazie a lui ho conosciuto già da bambina i magistrati che hanno fatto la storia del nostro paese come Giovanni Falcone e Giancarlo Caselli. È stato un segno indelebile.

 

Un percorso molto duro in quanto donna; l’ha descritto molto bene nel suo libro “La Giudice. Una donna in magistratura”....

L’esperienza familiare non ha mai fatto emergere la questione di genere. Ho capito di essere donna, e per questo diversa, solo nelle aule di giustizia dove si impone una decuplicazione della dimostrazione delle proprie capacità in quanto il pregiudizio da cui partono quasi tutti gli interlocutori è che una donna deve guadagnarsi il suo posto, il suo ruolo perché, evidentemente, non ce l’ha.

Da qui la frase trita e ritrita, che si sente dire dagli uomini, secondo cui le donne sono più brave. Nessuno si chiede perché? 

Perché è loro imposto di esserlo, non possono essere normali. Infatti il pregiudizio è che le donne, in quanto tali, devono sempre e solo dimostrare di sapere fare alla perfezione quello che gli uomini hanno sempre fatto in modo normale.

 

Abbiamo letto nel suo libro, giusto per sottolineare il delicato tema della questione di genere in questo settore, di come un pregiudicato non volesse in modo sprezzante nemmeno parlare con Lei, non riconoscendola nella figura di Magistrato.

È un pregiudizio che non riguarda solo il pregiudicato, ma la nostra comunità umana universalmente intesa.

Le donne sono state tenute per millenni fuori dalla porta, fuori dall’esercizio del potere e questo crea l’immensa paura di poterlo perdere o di crearne un altro con dimensioni diverse.

 

Evidentemente tutto ciò non l’ha mai demoralizzata e si è impegnata, a maggior ragione, a far valere il suo ruolo e il suo potere.

Mi piacerebbe indirizzare il mio impegno nel vedere che immenso valore hanno donne e uomini liberati dagli stereotipi di cui sono prigionieri.

 

Quali sono i provvedimenti di cui si è occupata maggiormente in questo ultimo periodo?

Violenze degli uomini nei confronti delle donne.

È una cieca violenza a senso unico. Una carneficina quotidiana di cui nessuno parla ma che inonda le aule di giustizia.

 

Qual è la sua chiave di lettura rispetto alla violenza alle donne? 

La violenza alle donne proviene soltanto dagli uomini e viene scatenata quando le donne affermano la loro dignità, la loro personalità e la loro capacità.

Credo, che se non si interviene in modo deciso sull’educazione maschile, la strada sia senza uscita. Tenere gli uomini lontani dagli obblighi di cura dei figli e della casa, come hanno fatto fino ad oggi le nostre madri, crea uomini incapaci di accettare la dignità altrui.

 

Come concilia la vita famigliare, a una professione così impegnativa e di responsabilità?

Con grande difficoltà, come fanno tutte le donne da secoli, ma avendo due figli meravigliosi credo di esserci inspiegabilmente riuscita ! 

 

Complimenti per essere stata nominata Wo-men Inspiring Europe 2014 dall’Agenzia dell’Unione Europea EIGE per il ruolo avuto “nella costruzione di una società libera dagli stereotipi di genere”. Oggi quante sono le donne in Magistratura e cosa consiglia alle giovani che vogliono intraprendere questa professione? 

Le magistrate sono il 50%, diventeremo a breve oltre il 70%, ma chi dirige gli uffici sono in gran parte uomini, come nella scuola, nei giornali e nella politica. Consiglio alle giovani di fare questo meraviglioso lavoro perché incide davvero nella realtà quotidiana dando un senso al coraggio di chi denuncia i soprusi per l’affermazione dei diritti.

 
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