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Maria Grazia Cavenaghi-Smith

MARIA GRAZIA CAVENAGHI-SMITH DAL 1999 È DIRETTORE DELL’UFFICIO D’INFORMAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO A MILANO. È DOCENTE PRESSO L’ISTITUTO DI FORMAZIONE AL GIORNALISMO CARLO DE MARTINO (MILANO); MEMBRO DEL COMITATO SCIENTIFICO DELLA “SUMMER SCHOOL RENZO IMBENI” (MODENA) E DEL COMITATO D’INDIRIZZO DEL CORSO DI LAUREA IN SCIENZE INTERNAZIONALI DIPLOMATICHE DELL’UNIVERSITÀ DI GENOVA. NEL 2007 RICEVE IL PREMIO INTERNAZIONALE “DONNA DI SUCCESSO” CONFERITOLE DALL’ACCADEMIA EUROPEA PER LE RELAZIONI ECONOMICHE E CULTURALI (AEREC) E NEL 2008 IL PREMIO INTERNAZIONALE PROFILO DONNA.

Dopo la maturità linguistica a Milano vive, studia e lavora in diversi paesi. Parla fluentemente inglese danese, francese, spagnolo, svedese. Tra i suoi studi: certificato in commercio e navigazione presso la London School of Foreign Trade, corsi di business law al City of London Polytechnic, corsi di economia e di diritto comunitario presso l'Università di Copenaghen, laurea della scuola Interpreti (Ginevra), diploma in lingua svedese (Stoccolma), post-graduate diploma in Interpretation techniques del Polytechnic of Central London. Nel 1982 è l'unica candidata a superare un concorso indetto dall'europarlamento che richiede il danese come prima lingua straniera. Inizia quindi la sua carriera al parlamento europeo, intercalata da periodi sabbatici durante i quali si mette in gioco in vari campi e professioni. Tra questi: nel 1984, su richiesta del Giudice Sprizzo (tribunale distretto sud di New York) presta servizio quale interprete simultanea in un famoso procedimento giudiziario internazionale ("Pizza Connection") che vede Rudolph Giuliani - divenuto in seguito sindaco di NY - quale Prosecutor. Tra il 1992 e il 1993 è visitor professor alla scuola interpreti di Barcellona e all'Istituto superiore per il commercio estero di Copenaghen. Al Parlamento europeo presta servizio dapprima come traduttrice e poi come interprete simultanea nelle sedi di Lussemburgo e Bruxelles. Nel '90 é trasferita alla direzione generale dell'informazione e delle relazioni pubbliche dove diviene redattrice e addetta stampa occupandosi in particolare delle commissioni per le pari opportunità, per la politica regionale, e per l'agricoltura. Nel 1999 assume l'attuale incarico di direttore dell'ufficio a Milano del parlamento europeo.

Dottoressa Cavenaghi-Smith, fin da giovanissima ha fatto esperienze internazionali: come ha intrapreso questa strada poliglotta? E che cosa l'attira dell'attività istituzionale?
«Credo tutto sia iniziato quando, a cinque anni, sulla spiaggia di Alassio, i miei migliori compagni di giochi divennero un fratellino e una sorellina svedesi. Ricordo il mio stupore quando li sentii parlare per la prima volta e mi resi conto di non capire. Fu una sensazione di vuoto, di sconcerto e frustrazione... che mi ripromisi non avrei mai più provato. Imparare a comunicare divenne il filo conduttore della mia vita. Le mie scelte di studi e carriera furono quindi ovvie per me. Liceo linguistico, studi universitari all'estero e carriera in ambito internazionale. Le istituzioni europee furono una scelta dettata in parte dalle circostanze - avere danese e svedese nella mia combinazione linguistica quando Danimarca prima e Svezia poi entrarono nell'allora Comunità europea - e dalla convinzione che senza una forte condivisione di interessi, obiettivi e ideali tra paesi, la storia ci insegna, l'unico mezzo di interazione possibile è la sopraffazione dell'altro, per sottomettere e imporre la propria visione del mondo.
Per nostra fortuna, di tanto in tanto, persone illuminate riescono a far valere le proprie idee e attuarle vincendo pregiudizi e interessi di parte facendo così progredire l'umanità intera. Questo è il grande valore delle intuizioni dei Padri Fondatori dell'Europa, da Schuman a De Gaspari, da Spinelli a Jean Monnet. Ho sempre sentito di dover far parte di questa grande intuizione, e contribuire, nel limite delle mie possibilità, a farla conoscere e radicarla tra il maggior numero di persone possibile».

Ci può raccontare un'esperienza istituzionale che ha vissuto e che l'ha particolarmente coinvolta?
«Sarebbe molto difficile indicarne una sola. Molte sono le circostanze in cui mi sono resa conto di essere testimone di un momento storico, indimenticabile, impensabile fino a pochi anni prima.
Il Dalai Lama, Nelson Mandela e molti altri che parlano di pace e riconciliazione a una platea di centinaia di rappresentanti di tutte le forze politiche europee che si erano confrontate fino a poco prima e ora sentono lo stesso brivido di verità attraversarli; l'attribuzione del Premio Sakharov del parlamento europeo a dissidenti politici, associazioni e persone che hanno fatto della tutela dei diritti umani una ragione di vita e a volte pagato con la vita stessa questo loro impegno; l'adesione all'UE di dieci Paesi storicamente divisi da noi da una cortina di ferro; le varie approvazioni di leggi che hanno contribuito concretamente a un maggior rispetto della parità di genere, della tutela ambientale, della sicurezza del diritto...».

L'Ufficio d'Informazione del parlamento europeo si pone come obiettivo principale quello di comunicare ai cittadini ruoli e attività del parlamento europeo. Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate in questa missione?
Senza alcun dubbio la maggior difficoltà è fare in modo che il nostro messaggio venga divulgato il più semplicemente e capillarmente possibile. Gli sforzi fatti dagli Uffici d'Informazione del PE, presenti in tutti i Paesi, possono avere solo risultati limitati se i grandi Mezzi di comunicazione non li raccolgono, fungendo da cassa di risonanza, da moltiplicatori di opinione quali dovrebbero essere. Quanto affermo è facilmente verificabile: le notizie riguardanti le decisioni del parlamento europeo occupano un misero 3% degli spazi informativi in tutte le grandi reti tv e ciò nonostante il fatto che ben 75% delle leggi italiane derivi direttamente da tali decisioni.
A dispetto di questa carenza informativa gli italiani hanno ancora una volta dimostrato di "sentire" e "capire" l'Europa più degli addetti all'informazione e alle recenti europee l'afflusso alle urne è stato del 65,05 % e nella circoscrizioni del nord è salito al 71,09% (dati Ministero Interno). Ringrazio per questo i miei concittadini».

Che cosa significa per una nazione avere un atteggiamento europeista?
«Significa non dimenticare mai in quali circostanze - due guerre mondiali - e con quali obiettivi - pace e rifiuto di ogni ritorno all'utilizzo delle armi quale mezzo per comporre le controversie internazionali - gli uomini illuminati di cui parlavo prima gettarono le basi di questa sorprendente avventura europea.
E' inaccettabile che nonostante questo grande risultato troppo spesso l'Europa diventi il capro espiatorio di ciò che non funziona nei nostri rispettivi paesi, soprattutto in momenti di crisi come l'attuale, salvo poi ricorrere ai vari strumenti comunitari per finanziare grandi opere o progetti di formazione permanente, di utilizzo delle rinnovabili o di scambi tra studenti. È proprio questa concezione utilitaristica dell'Europa "à la carte" che maggiormente ostacola la realizzazione di un'Europa di popoli - non di nazioni - che si rafforzano e sostengono uniti nelle loro diversità. Un'Europa che tutti invocano - poichè concordano sul fatto che nessuna nazione può illudersi di farcela unicamente con le proprie forze - ma che prima o poi dimenticano nel rituale rimbalzo di responsabilità cui nessun paese e nessuna formazione politica è indenne».

Le indicazioni europee vengono recepite in modo adeguato dai vari governi?
Le Direttive e i Regolamenti europei sono vincolanti per i Paesi. Una volta approvati, i governi hanno un certo periodo di tempo a loro disposizione per trasporli nella legislazione nazionale. Spesso però si registrano ritardi, più o meno giustificati e/o contingenti alla situazione politica interna. È del tutto naturale e comprensibile, ma personalmente ritengo poco costruttivo e persino contraddittorio accogliere ciò che "fa gioco" a breve termine rinviando ciò che porta vantaggi per tutti a più lunga scadenza, ma rischia di essere meno popolare nell'immediato. Questa contraddizione sarebbe largamente risolta con l'adozione del Trattato di Lisbona che attribuisce maggiori poteri al Parlamento europeo, direttamente eletto da noi cittadini, e limita al minimo il diritto di veto che attualmente i governi hanno, in base al principio delle decisioni prese all'unanimità dal Consiglio - che rappresenta appunto Stati e Governi».

Quali sono le tematiche oggi più rilevanti a livello europeo? L'Ufficio di Milano come si impegna a diffonderle?
«Decisamente quelle riguardanti le misure per combattere i cambiamenti climatici, la crisi economica, finanziaria, e alimentare mondiali e le questioni energetiche. Ma non solo: il PE ha recentemente deciso l'eliminazione di 30.000 sostanze chimiche nocive dai prodotti di largo consumo; ridotto ulteriormente i costi delle chiamate dai telefonini; ampliato la tutela di qualità dei prodotti alimentari imponendo 'indicazione della loro provenienza; promosso la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e la balneabilità delle acque costiere; imposto la sicurezza dei giocattoli, e di internet per i nostri figli; il rispetto dei diritti dell'uomo e la garanzia di eguali opportunità per la donna… e potrei continuare con molti altri esempi concreti. L'Ufficio a Milano dà regolarmente notizia di tutte queste decisioni nei comunicati che invia a tutte le agenzie stampa e ai Media; collabora alla produzione di programmi radio e tv sull'Europa; organizza conferenze e seminari; concorsi su tematiche europee per associazioni, scuole e università e ogni anno invita a Strasburgo a seguire le sessioni del PE centinaia di studenti che hanno vinto tali concorsi...».

Ritiene che le Quote Rosa siano uno strumento necessario per garantire parità?
«In passato sono stata molto contraria alle Quote Rosa. Ritenevo avvilente e riduttivo per una donna dover utilizzare tale strumento per far rispettare un diritto legittimo onde evitare che un prezioso valore aggiunto di professionalità e capacità venisse sprecato o sottovalutato. Questa convinzione era in parte innata, in parte dovuta alla mia esperienza di vita tra Svezia e Danimarca dove la rappresentanza di genere non è mai stata un problema bensì una soluzione. Tornando in Italia, nel '99, dovetti rivedere le mie posizioni e sebbene continui a trovarlo uno strumento inadeguato e avvilente ora so che è necessario, soprattutto nel nostro Paese, per dare alla nostra società una chance di tornare a livelli di eccellenza nel rispetto del valore, dei ruoli e delle competenze di ciascuno dei suoi componenti».

Che cosa consiglia ai giovani che vorrebbero intraprendere la carriera diplomatica o istituzionale?
«Non lasciarsi abbattere dalle difficoltà che sicuramente incontreranno e non deviare dai propri obiettivi, impegnandosi a fondo nello studio di almeno due lingue.
Non dimenticare che studiare e impegnarsi ora significa poter godere di grandi soddisfazioni poi, nella propria attività. Il tutto però senza tralasciare di essere se stessi e ascoltare quella voce che dentro di noi sà indicarci se è veramente questo quello che vogliamo».

 
 
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