Ghigo Roli

professione fotografo

Dopo studi classici e di architettura,
Ghigo Roli comincia a fotografare nel 1977.
Nel 1980 si dedica esclusivamente alla fotografia geografica e di viaggi, collaborando con continuità alle enciclopedie e alle guide dell'Istituto Geografico De Agostini e del Touring Club.
Nel 1983, avendo la possibilità di viaggiare frequentemente, entra nello staff della rivista Atlante.
Realizza servizi di difficoltà ed impegno crescenti, specializzandosi prima nella fotografia geografica e di paesaggio e in seguito nel reportage etnografico e architettonico, nella fotografia naturalistica, nella fotografia aerea, riproduzioni di opere antiche ed infine, in fotografia panoramica orbicolare.
Da alcuni anni ha approfondito con grande energia la fotografia d'arte e di architettura.
Seguendo questa via di crescita professionale che abbraccia una pluralità di specializzazioni, matura un know-how completo che gli consente di affrontare situazioni anche molto diverse tra loro, spesso in condizioni operative disagevoli, ma sempre con una visione globale del tema fotografico su cui sviluppa spesso punti di vista non convenzionali. Il bagaglio di esperienze maturate è assai ricco.
Diventa anche giornalista pubblicista e scrive spesso I testi dei suoi reportage.
É anche stato tra I primi autori ad integrare l'uso della pellicola con le nuove tecnologie, maturando un'approfondita esperienza nel campo della fotografia digitale.

Ad oggi ha pubblicato una ventina di libri fotografici interamente suoi e collaborato a molti altri, come guide ed enciclopedie. Inoltre ha pubblicato servizi interi commissionati e fotografie d’archivio sulle maggiori testate periodiche italiane e su alcuni importanti testate estere.
Ha firmato numerose copertine.
 
D. Maturare un’esperienza a 360° come la sua nel settore fotografico è decisamente impegnativo e difficile. Questo denota un’anima artistica e creativa che non si accontenta dei risultati ottenuti e non “dorme” di sicuro sugli allori....
Non credo che, per come sono fatto, avrei mai potuto impostare la professione sul binario di un’unica specializzazione.
La fotografia prima di tutto è stata per me, come, credo, per i primi pionieri, uno strumento di esplorazione del mondo. Purtroppo però sono, oltre che curioso, anche perfezionista. Quindi passare da un genere a un altro non ha significato una mancanza di profondità, ma ha coinciso con la costruzione di molteplici specializzazioni. In un mercato che sembra richiedere – forse più ancora della specializzazione - un’estrema semplificazione dei ruoli, in un certo senso, io sono sempre andato controcorrente.
 
D. Tra i lavori eseguiti, uno di quelli che ha avuto maggior risonanza mediatica, è stato indubbiamente, anche per la coincidenza molto particolare del terremoto, quello realizzato ad Assisi...
A prescindere dal terremoto, la campagna fotografica sulla Basilica di San Francesco ad Assisi che Franco Panini mi ha dato l’opportunità di realizzare per la collana “Mirabilia Italiae”, oltre alle analoghe sul Duomo di Modena e sulla Libreria Piccolomini di Siena, è stata comunque una pietra miliare nella mia carriera. Sia per la sua vastità (circa 2400 fotografie pubblicate), sia per l’impegno logistico, sia per il costante faccia a faccia con alcuni tra i maestri più importanti della storia dell’arte.
Il terremoto poi ha segnato in maniera indelebile questa campagna.  Le fotografie degli affreschi crollati, le ultime realizzate prima del crollo  (alcune di queste uniche), per volere di Franco Panini sono state fin da subito messe a disposizione della Soprintendenza e hanno reso immediatamente visibile la possibilità del restauro. In un secondo tempo, attraverso degli ingrandimenti in scala uno a uno (fino a 13 metri di lato), sono stati strumenti imprescindibili nel realizzare quello che è stato definito “il più grande puzzle del mondo” e hanno contribuito alla rinascita dei capolavori di Giotto.
 
D. Ad oggi qual è stato il servizio più coinvolgente ed emozionante di cui si è occupato ?
Oltre ad Assisi, ricordo con emozione i servizi naturalistici realizzati negli anni Ottanta, e in particolare uno sulla nidificazione del falco pellegrino, ripreso in parete, la flora endemica d’Italia, le isole del Mediterraneo e I deserti della Namibia.  Ma mi è difficile pensare ad un mio lavoro come poco coinvolgente, perché in generale, sono convinto che per realizzare buone immagini si debba entrare in empatia con il soggetto: per questo cerco di non farmi coinvolgere in progetti poco interessanti.
 
D. Sappiamo che anche in questo periodo sta lavorando alacremente per terminare un libro dedicato a Sassuolo, il secondo di una serie di libri sui paesi editi da Artioli, e per presentare un volume sul collezionismo di auto d’epoca.
Quello su Sassuolo è il secondo di una collana iniziata con Casalgrande e particolarmente interessante perchè consente di approfondire un’indagine sul territorio, la gente, il mondo del lavoro e l’arte di località normalmente considerate minori, ma che di fatto rappresentano molto bene il tessuto geografico e la realtà italiana.
Un’altra delle mie aree di interesse è quella sui motori. Dopo il libro “La storia in un rombo”, pubblicato lo scorso anno dall’editore Artioli e dedicato ai maggiori collezionisti di moto d’epoca in Italia, sto curando un volume analogo sulle auto storiche.
Forse per i miei trascorsi, riesco spesso a vedere un’opera d’arte anche in un particolare meccanico o in un monoblocco di ghisa.
 
D. Negli anni come si è trasformato il mercato di chi le commissiona un servizio?
A un progressivo impoverimento dell’editoria periodica illustrata ho creduto di trovare una risposta nell’offrire un servizio più completo di curatela e book-packaging. In parole semplici, ho praticamente abbandonato i servizi per le riviste e oggi propongo e fornisco progetti editoriali, soprattutto librari, dei quali curo il coordinamento e la realizzazione completa.
Oltre al lavoro editoriale seguo anche l’immagine di alcune aziende.
 
D. Quali sono gli obiettivi futuri e qual è il suo sogno nel cassetto...
Non parlo volentieri dei miei progetti, che sono comunque tanti, se non altro per scaramanzia…
Ma la foto più bella è sempre quella che farò domani.




 
 
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