Family Business Festival

Torino, 29-30 ottobre 2020

a cura di Davide Rossello

Anche durante l’anno che ha visto l’economia mondiale segnata dalla Pandemia del Coronavirus le imprese familiari hanno avuto l’opportunità di svolgere un ruolo di rilievo nel Paese, dando un contributo decisivo alla rinascita. Si è svolta la terza edizione del Festival a cui hanno partecipato gli imprenditori che si stanno impegnando in percorsi di sviluppo dentro e fuori i confini nazionali. I Temi fondamentali riguardano cosa pensano le nuove generazioni delle famiglie imprenditoriali, il lavoro e la sua organizzazione al tempo dello smartworking (città comprese), il rapporto tra privato e Stato, le imprese nel contesto internazionale. Le imprese familiari 2020 rappresentano una caratteristica importante dell’ economia. Siamo abituati a pensarle come protagoniste del solo sistema economico italiano, anche se in realtà hanno un forte peso in molti altri Paesi. Il Family Business Festival, Laboratorio delle imprese familiari, nasce per conoscere meglio uno dei pilastri della nostra economia. Una economia in vertiginoso cambiamento. Questa edizione del Family Business Festival 2020 intende sottolineare quelli che sono i cardini che non bisogna abbandonare e provare ad anticipare ciò che di nuovo arriverà.

Il 29 ottobre 2020 si è tenuta la terza edizione del Convegno “Family Business Festival” organizzato dal Corriere della Sera e ideato da Maria Silvia Sacchi (in foto). Giornalista Corriere della Sera Firma del Corriere Economia


Maria Silvia Sacchi, giornalista del Corriere della Sera e scrittrice, ha una figlia. Si occupa delle grandi famiglie imprenditoriali italiane ed europee, dell’industria della moda e del lusso a livello internazionale, di governance e di leadership. In questi ambiti è ideatrice e direttrice di Family business festival, primo festival delle imprese familiari; direttrice scientifica del master Management Moda & Lusso di Rcs Academy; ideatrice e conduttrice degli online Talk Moda & Lusso di Rcs Academy; co-fondatrice de La27ora e de Iltempodelledonne del Corriere della sera. Numerose le interviste e le notizie esclusive. Le sue inchieste hanno ispirato gli spettacoli teatrali “Affari di famiglia” di Antonella Questa e “Wonderwoman” di Antonella Questa, Giuliana Musso e Marta Cuscunà. Autrice o co-autrice, tra gli altri, di “Donne e denari. Ce n’è di strada...”, “Le nuove famiglie”, “Donne ai vertici delle aziende”, “Matrimonio&patrimonio”. Tra i curatori della collana giuridica “La famiglia, realtà e diritto”. Premi Federchimica, State Street, Standout Woman Award, finalista premio R.O.S.A.

In questa occasione si ritrovano le principali aziende familiari italiane e i professionisti più significativi.

La famiglia è in continua trasformazione. Più piccola e al tempo stesso più larga, effetto della (minor) natalità e dei (maggior) divorzi. Più libera grazie per esempio alle leggi più recenti che hanno consentito di regolamentare le unioni tra persone dello stesso sesso. Ma tutto ciò che tocca la famiglia può toccare – e quasi sempre succede – l’impresa posseduta. Per questo è bene sapere per tempo diritti e doveri in famiglia.

Anche quest’anno il Family Business Festival ha ospitato l’avvocato Cristina Rossello.

L’Avvocato Rossello ha partecipato con un workshop avente ad oggetto: “Il Diritto della famiglia”.

Per famiglia, in senso stretto, si intende il cosiddetto nucleo familiare formato da persone fra loro conviventi: coniugi e figli; famiglia, nel senso ampio del termine, è un più generale riferimento all’insieme delle persone legate fra loro da rapporti, oltre che di coniugio, di parentela e affinità.

In entrambe le accezioni, fra i membri della famiglia intercorre una fitta e intensa rete di rapporti giuridici. Toccare questo sistema significa alterare un impianto che via via si è sedimentato e consolidato e ogni intervento a riguardo impone una completa conoscenza della materia e della disciplina che ne deriva, in una delicatissima concatenazione di causa-effetto. Il fondamento di questo sistema giuridico è il “matrimonio”.

Da questo deriva, nel programma di vita dei coniugi, l’intesa sulla “filiazione”, cui si connettono l’allevamento e l’educazione della prole. Questo ritaglio di competenza “privata” avviene in deroga a un principio generale di solidarietà sociale pubblica.

Il matrimonio diventa una «riserva giuridica» rispetto all’azione dello Stato, una sorta di «isola» di responsabilità del privato - che si impegna con la contrazione del matrimonio a creare una famiglia con precise regole miranti a rispettarne ogni singolo membro - riguardo al pubblico: quando però i membri non rispettano le regole base del «vivere civile», allora interviene l’azione sociale a correttivo.

Lo Stato entra nell’ambito della famiglia solo in caso debba attivarsi il concetto generale della solidarietà sociale: l’“assistenza” dei minori abbandonati e degli infermi di mente, cioè degli incapaci fuori della famiglia, e la somministrazione degli “alimenti” a chi non ne ha e non è in grado di procacciarseli. Fa attività a riequilibrio di forme di violenze e abuso.

La politica legislativa rende quindi «conveniente» il regime della famiglia, la riconosce e la tutela, attribuendole status e prerogative, basate sull’accordo di partenza: il matrimonio. E quindi lo tutela e mira alla sua conservazione. Quando però esso si deve «sciogliere» per cessare i suoi effetti, interviene per regolare con certezza la loro definizione. E così altrettanto interviene per riequilibrare ogni situazione di mancanza di tutela del membro più fragile.

Il termine «matrimonio» continua la voce latina matrimonium, formata dal genitivo singolare di mater (ovvero matris) unito al suffisso -monium, collegato, in maniera trasparente, al sostantivo munus, ossia dovere, compito. Questa informazione è contenuta in gran parte dei dizionari storici o etimologici italiani, che specificano anche che il termine si è formato su influsso del preesistente patrimonium. Dunque «matrimonio», rispetto ad altri termini che vengono correntemente impiegati con significato affine, pone, almeno in origine, maggiore enfasi sulla finalità procreativa dell’unione: l’etimologia stessa fa riferimento al «compito di madre» più che a quello di moglie, ritenendo quasi che la completa realizzazione dell’unione tra un uomo e una donna avvenga con l’atto della procreazione, con il divenire madre della donna che genera, all’interno del vincolo matrimoniale, i figli che per l’effetto il legislatore dichiara legittimi.

Il termine «patrimonio» deriva dall’unione di due lemmi latini, pater = padre e munus = dovere; letteralmente il patrimonio è il «dovere del padre» e per estensione rappresenta tutte le cose che appartengono al padre e che vengono quindi lasciate ai figli.

È interessante notare come due termini apparentemente simili come «matrimonio» e «patrimonio», abbiano due significati così diversi; in particolar modo il «dovere della madre» è stato sempre legato al concetto della procreazione, mentre quello del padre al sostentamento della famiglia, in un rapporto di complementarietà e interdipendenza. Il termine patrimonium è preesistente e il termine matrimonium è sempre apparso come una organizzazione conseguente al primo.


Come tutelare il patrimonio

e dare continuità al benessere

di azienda e famiglia:

l’importanza della pianificazione intergenerazionale»

L’Avvocato Cristina Rossello ha fatto un breve excursus sul diritto di famiglia, sulla evoluzione, sui punti cardine, evidenziando in apertura che per quel che concerne la famiglia – in punto di diritto e quale “sistema” – è doveroso essere consapevoli dei rapporti patrimoniali inerenti e conseguenti al matrimonio.

Ha inoltre ha spiegato come il matrimonio è visto dalla Corte costituzionale, sin dal 1980 ha posto in rilievo la non riconducibilità nell’alveo della disciplina costituzionale di rapporti di convivenza non fondati sul matrimonio. Quando ha riconosciuto la titolarità di situazioni giuridiche soggettive, le ha ricondotte, in ordine al titolo, non alla convivenza bensì alla esigenza di garantire diritti fondamentali della personalità.

L’orientamento della Suprema Corte si è aperto all’attribuzione alla convivenza non fondata sul matrimonio di effetti giuridici a vantaggio dei conviventi e ha regolato una serie di rapporti patrimoniali fornendo una «stampella» all’evoluzione di costumi non ancora recepiti dalla legislazione. Su questo tema si innestano dibattiti etici, sociali, politici e di teoria generale del diritto che esulano dalla tecnicità per la materia qui trattata.

Quanto al regime legale dei rapporti patrimoniali fra coniugi, dal 1975 in poi è automatica la «comunione dei beni». Vi è poi un interregno fra il 20 settembre 1975 e il 31 dicembre 1978 per i matrimoni contratti ante riforma.

Ad oggi, le uniche forme alternative (alla comunione dei beni, che si attiva di default) legali per regolare i rapporti patrimoniali fra coniugi sono la separazione dei beni, la comunione convenzionale e il fondo patrimoniale.

I criteri legali di distribuzione della ricchezza acquisita dopo il matrimonio fra i coniugi.

Dopo la riforma, il primo grande mutamento legislativo del sistema «Famiglia» basato sul «matrimonio» è stato apportato dalla legge Cirinnà che introduce l’«Unione civile» e la «Convivenza di fatto» come istituti che non sono matrimonio. Il sistema «Unioni civili» ha analogie con il sistema «Matrimonio», ma l’Unione civile nel sistema «Famiglia» non è matrimonio e questo lo si vede bene per le questioni patrimoniali.

L’Avvocato Rossello ha poi spiegato che i criteri legali di distribuzione della ricchezza, dopo la costituzione dell’«Unione civile», nel caso di separazione sono diversi.


Å L’«impresa familiare»

¢ Modalità di successione: completa, nella proprietà ma non nell’impresa, esterna alla famiglia.

¢ Successione in vita (patto di famiglia, clausole societarie, donazione) o a mezzo testamento

¢ Diffuso è il legato di genere (art. 653 c.c.)

¢ Talvolta l’utilizzo del cognome della famiglia rappresenta una forma di avviamento indiretto sia per le forme di attività professionale sia imprenditoriale.

¢ Le continuazioni di stirpe: il passaggio di testimone ad altri soggetti della famiglia.

Non sempre è agevole per l’imprenditore individuare i continuatori dell’impresa con tranquillità. Le difficoltà sono a volte di carattere oggettivo, a volte di carattere morale. Ad esempio: l’assenza di successori capaci;

l’impossibilità di prevedere o di stabilire chi tra i discendenti o i familiari sia maggiormente idoneo;

la giovane età dei discendenti;

il desiderio di non “fare differenze” tra i figli, al fine non creare in conflitti in seno alla famiglia (il che porta a volte a scelte basate sui legami di sangue e non sull’effettiva capacità imprenditoriale).

il desiderio di rispettare la libertà dei discendenti in relazione alle loro scelte di studio o professionali;

la scarsa propensione alla delega e il desiderio di rimanere al comando il più a lungo possibile (l’imprenditore è spesso un “self-made man” e si identifica completamente con l’impresa), dal che deriva spesso la sottovalutazione del problema;

la contrazione di matrimoni e la nascita di figli di ceppi diversi, con allargamento del nucleo familiare di origine;

la presenza di situazioni parallele di fatto.

L’attuazione dei processi di transizione nelle imprese familiari si declina anche in relazione all’agire di alcune “variabili” relative alla natura e al tipo di impresa familiare (come la cd. «familiness», cioè l’intensità del coinvolgimento dei membri della famiglia nella proprietà e nella gestione imprenditoriale, gli obiettivi e le strategie imprenditoriali, dimensioni dell’impresa), variabili “di struttura” (come la distribuzione dei ruoli e delle responsabilità), variabili ambientali (come il grado di complessità dell’ambiente di riferimento), nonché variabili inerenti il modo in cui il successore subentra al predecessore nell’azienda (ad esempio, le caratteristiche personali – anche psicologiche – del successore nonché il grado di innovatività nel subentro rispetto al predecessore circa la natura delle competenza apportate).

Sul punto, sono stati delineati tre profili ricorrenti nei comportamenti dei successori che rischiano di risultare controproducenti per le sorti dell’impresa familiare:

1) conservatore: il successore è eccessivamente ancorato al passato e si limita a reiterare acriticamente quanto fatto dal suo predecessore;

2) indeciso: se da una parte il successore vorrebbe rispettare le scelte del passato, dall’altra intende dimostrare di essere indipendente dal fondatore, con la conseguenza che assume comportamenti incoerenti e opera scelte di cambiamento discontinue e frammentate;

3) ribelle: il successore rifiuta a priori tutto ciò che la generazione precedente rappresenta e intende esclusivamente rivoluzionare radicalmente l’impresa familiare.

 

 

 

 
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